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PAROLA DELLA SETTIMANA : TERZA SETTIMANA DI NOVEMBRE 2022
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Inviato da Alba il 17/11/2022 10:50:00 (196 letture) |
I membri del Sinedrio, che avevano consegnato Gesù a Pilato e ai soldati che dovevano crocifiggerlo, pensavano di essersi liberati di un uomo pio, certo, ma pericoloso politicamente. Ora, essi sono ai piedi della croce e lo scherniscono chiamandolo Messia, eletto di Dio, re. Ma Gesù, proprio in quanto Messia e Re nel compimento del piano eterno di salvezza, ingaggia sulla croce una lotta sanguinosa contro Satana, che aveva soggiogato l'uomo sull'albero del paradiso. Ora, sull'albero della croce, Cristo gli inferisce un colpo mortale e salva l'uomo. Gesù poteva scendere dalla croce e salvarsi; ma non l'ha fatto, perché altrimenti non ci avrebbe salvato. Ed ecco che raccoglie i frutti della sua passione: uno dei due ladroni crocifissi ai suoi fianchi confessa i propri peccati ed esorta l'altro a fare lo stesso, ma, soprattutto, professa la sua fede: Gesù è Re! Il Re crocifisso gli assicura in modo solenne: "Oggi sarai con me in paradiso". Adamo aveva chiuso a tutti le porte del paradiso, Gesù, vincitore del peccato, della morte e di Satana, apre le porte del paradiso anche ai più grandi peccatori, purché si convertano, sia pure nel momento della loro morte. Del resto, noi ben conosciamo molte conversioni simili. Prima di iniziare l'Avvento, la liturgia ci mette davanti agli occhi la novità di un Dio che presenta la sua regalità dal trono della Croce. Questa domenica è la festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo. C'era scritto sulla croce! Un Re con le mani forate, in testa dei chiodi e per trono, una croce! Questo è il nostro Re e non a caso è questo il simbolo dei cristiani. E' un Re talmente potente da lavare i piedi ai suoi discepoli, e dare un boccone a chi lo stava per consegnare nelle mani dei suoi assassini. Gesù dice che il suo Regno non è di questo mondo. Dio mi ama fino a morirne: questa è la bella notizia del cristianesimo. Un Dio che mi ama anche se lo rinnego, anche se lo tradisco, anche se lo rifiuto. Insomma il nostro Re non pretende nulla ma semplicemente mi ama di un amore grande. Se siamo figli del Re allora guardiamo alla croce come misura dell'amore. La bella notizia di questa Domenica è che siamo figli di un Re differente dagli altri che ci ama alla follia e che ci chiede semplicemente di lasciarci raggiungere dal suo amore.
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PAROLA DELLA SETTIMANA : SECONDA SETTIMANA DI NOVEMBRE 2022
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Inviato da Alba il 12/11/2022 10:50:00 (201 letture) |
I discepoli ammirano l’architettura del tempio. Gli occhi di Gesù si spingono più in là: Egli vede la distruzione di Gerusalemme, i cataclismi naturali, i segni dal cielo, le persecuzioni della Chiesa e l’apparizione di falsi profeti. Sono manifestazioni della decomposizione del vecchio mondo segnato dal peccato e dalle doglie del parto di nuovi cieli e di una terra nuova. In tutte le pressioni e le estorsioni esercitate sulla Chiesa, noi non dovremmo vedere qualche cupa tragedia, perché esse purificano la nostra fede e confortano la nostra speranza. Esse sono altrettante occasioni per testimoniare Cristo. Altrimenti il mondo non conoscerebbe il suo Vangelo né la forza del suo amore. Ma un pericolo più grande incombe su di noi: si tratta dei falsi profeti che si fanno passare per Cristo o che parlano in suo nome. Approfittando delle inquietudini e dei rivolgimenti causati dalla storia, i falsi profeti guadagnano alle loro ideologie, alle loro idee pseudo-scientifiche sul mondo e alle loro pseudo-religioni. La vera venuta di Cristo sarà invece così evidente che nessuno ne dubiterà. Gesù incoraggia i suoi discepoli di ogni tempo a rimanere al suo fianco sino alla fine. Egli trasformerà tutte le infelicità, tutti i fallimenti e persino la morte del martire in risurrezione gloriosa e in adorazione. Gesù annuncia: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». E' quello che avverrà davvero nel 70 d.C. quando i Romani distruggeranno il tempio, lasciando solo il famoso "muro del pianto". Per i giudei, il tempio era la casa di Dio, un oggetto di fede, un luogo idolatrico, una falsa garanzia di salvezza. La fede di molti contemporanei di Gesù era indirizzata al tempio, non al Dio di Jahvè. Geremia lo aveva detto secoli prima: «Non basta ripetere: Tempio del Signore, e pensare che esso possa salvare, ma occorre vivere secondo la volontà di Dio e praticare la giustizia». Luca racconta ciò che i primi cristiani vivevano: persecuzioni, accuse, torture. Angosciati, iniziavano a chiedersi: "Ma Dio dov'è?". L'angoscia, anche pastorale, è molto diffusa oggi: "Va sempre peggio, dove andremo a finire? Una volta non era così". State sereni, dice Gesù. Terremoti, carestie, pestilenze, non sono i segni della fine, come qualche predicatore insiste ad affermare. I discepoli però sono curiosi: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Gesù non spiega come o quando verrà la fine, ma sposta l'attenzione sul "come" ci si prepara. Non deve essere il "quando" a incuriosire, ma il come" prepararci. La bella notizia di questa domenica? Nessuno ha potere su di noi, perché siamo nelle Sue mani. Nessuna paura.
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PAROLA DELLA SETTIMANA : PRIMA SETTIMANA DI NOVEMBRE 2022
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Inviato da Alba il 5/11/2022 6:00:00 (233 letture) |
Dopo i farisei e gli scribi appaiono nuovi avversari di Gesù: i sadducei. Essi negano la risurrezione e hanno adottato contro Gesù una diversa strategia di lotta. I sadducei temono che l'affluenza delle folle verso Gesù possa trasformarsi in agitazione politica, che i Romani avrebbero soffocato brutalmente. Perciò mirano a limitare l'influenza di Gesù sulla vita pubblica. Gesù dimostra che il mondo futuro non è il prolungamento di questo; afferma che la morte sarà vinta e che coloro che risusciteranno avranno parte alla vita di Dio e non saranno più sottomessi alle leggi di questo mondo. Ma essi vivranno e renderanno gloria a Dio. Ciò significa che solo chi vive per Dio, vive davvero. Dio invita tutti gli uomini alla sua casa paterna, perché desidera che noi tutti beneficiamo con Lui della pienezza della vita nell'immortalità. Alcuni sadducei pongono una questione abbastanza assurda a Gesù, costruendo un caso basato sull'antica legge del levirato in Israele, secondo cui un uomo doveva sposare la moglie del fratello morto così da dargli una discendenza. Gesù anzitutto fa capire che la risurrezione è un "salto" in una qualità di vita totalmente altra, rinnovata. Nella risurrezione gli uomini e le donne saranno partecipi della vita divina, dunque immortali, per cui il matrimonio non servirà più, essendo una realtà legata a questo mondo e alla procreazione. San Paolo quando parla della risurrezione utilizza l'immagine della semina: la pianta che cresce, infatti, non è un seme proporzionalmente più grande, così anche la risurrezione dei morti è seminata nella corruzione e risorge nell'incorruttibilità. Nella risurrezione, saremo sempre noi, con il nostro io profondo ma immersi in una qualità di vita nuova e totalmente altra! Questo significa che in Dio ci ritroveremo, ci riconosceremo, ci conosceremo tutti, essendo partecipi della divinità e onniscienza di Dio. E riconosceremo i meriti gli uni degli altri, senza invidia né divisione alcuna, ma gioendo e amandoci dello stesso amore divino!
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PAROLA DELLA SETTIMANA : FINE OTTOBRE E INIZIO NOVEMBRE 2022
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Inviato da Alba il 28/10/2022 8:20:00 (211 letture) |
Non sappiamo quali motivazioni spingessero Zaccheo nel desiderio di vedere Gesù. Nessuno tra la folla degli Ebrei pii gli fa posto in prima fila, né gli permette di salire sul suo tetto e perciò Zaccheo deve salire su un albero. Vedendolo, Gesù, di sua iniziativa, si invita a casa sua. Non solo Zaccheo è pieno di gioia, ma Gesù stesso è felice di poter perdonare il peccatore pentito e di accoglierlo come un figlio prodigo. Gesù esprime la sua gioia con queste parole: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo". Gesù esprime così il suo amore e il suo completo dedicarsi ai peccatori: sono essi che si sono allontanati, eppure è Lui che è venuto a cercarli. Se Gesù avesse approfittato per chiedere a Zaccheo in quella situazione favorevole di fare pubblica ammenda e di convertirsi, probabilmente non avrebbe ottenuto nulla. Domandando di essere accolto a casa del peccatore, Egli sfonda il muro del prevedibile e porta l'uomo a disarmarsi totalmente dinanzi ad una offerta incondizionata di amicizia. La discesa «in fretta» e la «gioia» di avere Gesù in casa sono presentati in rapida successione, senza uno stacco temporale, quasi ad indicare che la scelta della conversione ci rende agili, capaci di compiere passi decisi che procurano una felicità prima sconosciuta. Le critiche arrivano puntuali e suonano come un giudizio di condanna inappellabile; Zaccheo se le aspetta, le ode, ma rende ragione della sua nuova condizione, stavolta senza prepotenza. Si alza, come uno che risorge dalla situazione di peccato in cui versava, e pronuncia una professione di fede completa: chiama Gesù «Signore», dà ai poveri, andando oltre le richieste della legge, e restituisce il quadruplo, trasformando il denaro da strumento di separazione in mezzo di condivisione, per poter così incontrare i fratelli in giustizia e amore. L'annuncio solenne di Gesù, «oggi per questa casa è venuta la salvezza», è rivolto ad ogni peccatore convertito di qualunque tempo: solo il Figlio dell'uomo ti rende figlio di Abramo, restituendoti la tua originaria verità e bellezza che il peccato aveva deturpato. Vogliamo chiederci se Zaccheo riuscirà a custodire la santità di questo incontro e della sua nuova vita. Assistiamo con tanta facilità a conversioni, a fiammate improvvise e percorsi interrotti. Zaccheo pone segni di rinnovamento: sta qui la differenza tra vera e falsa conversione. L'incontro con Dio si concretizza nell'incontro autentico coi fratelli.
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PAROLA DELLA SETTIMANA : QUARTA SETTIMANA DI OTTOBRE 2022
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Inviato da Alba il 21/10/2022 5:50:00 (203 letture) |
Due uomini vanno al tempio a pregare. Uno, ritto in piedi, prega, ma come rivolto a se stesso: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, impuri». Mentre a parole si rivolge a Dio, il fariseo in realtà è centrato su se stesso, stregato da una parola di due sole lettere, che non si stanca di ripetere, io: io ringrazio, io non sono, io digiuno, io pago. Ha dimenticato la parola più importante del mondo: tu. Pregare è dare del Tu a Dio. «Io non sono come gli altri»: e il mondo gli appare come un covo di ladri, dediti alla rapina, al sesso, all'imbroglio. Non si può lodare Dio e demonizzare i suoi figli. In questa parabola, Gesù denuncia che la preghiera può separarci da Dio, può renderci "atei", mettendoci in relazione con un Dio che non esiste, che è solo una proiezione di noi stessi. Sbagliarci su Dio è il peggio che ci possa capitare, perché poi ci si sbaglia su tutto, sull'uomo, su noi stessi, sulla storia, sul mondo. Il pubblicano, in fondo al tempio, ci insegna a non sbagliarci su Dio e su noi: fermatosi a distanza, si batte il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». C'è una piccola parola che cambia tutto nella preghiera del pubblicano e la fa vera: «tu». Parola cardine del mondo: «Signore, Tu abbi pietà». Il pubblicano nella sua preghiera dice che cosa Dio fa per lui: tu hai pietà di me peccatore. Così crea il contatto: un io e un Tu entrano in relazione. Vorrei tanto essere diverso, non ce la faccio, ma tu perdona e aiuta». Egli è tornato a casa sua perdonato, perché si è aperto alla misericordia di Dio. Il testo evangelico di oggi completa l'insegnamento sulla preghiera: bisogna certamente pregare e pregare con insistenza. Ma questo non basta, bisogna pregare sempre di più. E il primo ornamento della preghiera è la qualità dell'umiltà: essere convinti della propria povertà, della propria imperfezione e indegnità. Dio ascolta la preghiera del povero, soprattutto del povero di spirito, cioè di colui che si dichiara senza qualità, come il pubblicano della parabola. La preghiera del pubblicano, che Gesù approva, non parte dai suoi meriti, né dalla sua perfezione, ma dalla giustizia salvatrice di Dio, che, nel suo amore, può compensare la mancanza di meriti personali: ed è questa giustizia divina che ottiene al pubblicano, senza meriti all'attivo, di rientrare a casa giustificato.
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