Vi è prima una parabola e poi una serie di ammonimenti che commentano un elemento della parabola stessa e cioè l'uso del denaro. La parabola, come è ovvio, non loda il fattore perché è disonesto, ma perché ha la chiarezza e la decisione di imboccare l'unica via di salvezza che gli si prospetta. Si sa che l'arte di cavarsela è molto applicata nelle ambigue imprese di questo mondo. Lo è molto meno nella grande impresa della salvezza eterna. Perciò Gesù ci rimprovera di essere più pronti a salvarci dai mali mondani che dal male eterno, lui che da parte sua ha fatto di tutto perché fossimo salvati, fino a salire in croce per noi. Non ci decidiamo a credere che, se non portiamo il nostro peccato davanti a Dio, siamo perduti. Cominciamo le nostre Messe confessando i peccati che abbiamo commessi, ma usciti di chiesa ricominciamo a parlare di quelli altrui. Ci troviamo di fronte ad un brano del Vangelo che sembra sconcertante, in quanto Gesù loda la sagacia di un tale che, a prima vista, sembra un furbetto infedele al suo padrone. C'è poi il padrone che sicuramente doveva essere grande proprietario terriero che non si occupava della gestione ordinaria delle sue proprietà, e aveva lasciato a un uomo di sua fiducia la responsabilità di gestirle. Qualcuno andò dal padrone accusando l'amministratore di sperperare i suoi averi. Il padrone, da parte sua, convocò immediatamente l'amministratore per chiedergli il rendiconto. Il furbo amministratore andò chiamando i debitori e propose loro di cambiare la ricevuta dove era annotato l'ammontare del debito. In base a quanto stabilito nel libro dell'Esodo: "Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all'indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse". L'amministratore propone loro di scrivere nelle nuove ricevute soltanto l'ammontare che avevano ricevuto in prestito, senza gli interessi. In questo modo l'amministratore infedele si costituisce un gruppo di amici, ai quali ha fatto delle concessioni ed agevolazioni, ma sui beni altrui e non sui suoi. Gesù dà per scontato che non merita lode tutto il suo comportamento, ma lo indica come modello d'intelligenza e di sagacia nella gestione di situazioni complicate, in un ambiente corrotto. Insegna così ai suoi ascoltatori che, per arrivare nelle "dimore eterne", alla gloria del cielo, quando si vive nel mondo reale, spesso ingiusto, occorre prudenza, astuzia, e agire con rettitudine.
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