I testi biblici che ci riportano il messaggio di questa domenica ci insegnano che il Dio della Trinità ama recarsi di tanto in tanto dagli uomini, perché la sua presenza è un onore e una benedizione. Al tempo dei patriarchi, si reca da Abramo e promette un figlio a Sara che non ne ha ancora. Gesù, da parte sua, esalta due donne nubili, Maria e Marta, onorandole della sua visita e della sua parola. Il racconto di questa visita ci mostra che si deve manifestare a Gesù un vero rispetto. Il Dio della Trinità oggi continua a recarsi presso gli uomini. Questo noi la chiamiamo visita. Spesso, ci rendiamo conto della venuta di Dio solo dopo la sua visita. In questo giorno, il nostro Signore e Salvatore ci invita a recarci da lui. Egli è il sacerdote, l'annunciatore e l'ospite di questa festa liturgica. Gioiamo di questo onore, ascoltiamo la sua parola con attenzione e festeggiamo con lui la comunione di oggi con atteggiamento di venerazione. Ma soprattutto prendiamo a cuore quello che Lui ci dice: è colui che si impregna della sua parola e vive secondo essa che gli manifesta il più grande rispetto. L'atteggiamento, soave e dolce, che fa da sfondo alla liturgia della Parola oggi, è l'ospitalità. L'ospitalità è bella come la delicatezza dell'amore quando la si esercita, quando fa stare a proprio agio gli altri, quando mette gli altri nella condizione di sentirsi amati da qualcuno, rispettati da qualcuno, gioiosamente accolti da qualcuno. L'ospitalità appare tanto più meravigliosa in un contesto umano, come quello nel quale siamo immersi, pieno di distrazione e di indifferenza. Spesso le persone che dovremmo accogliere, ospitandole, ci infastidiscono. Tutte le ragioni sono plausibili per giustificare l'insofferenza e il disagio che suscitano in noi. Opponiamo il nostro rifiuto interiore che mette a nudo, ma anche in evidenza, l'egoismo subdolo che ci corrode. Abramo è la persona dell'ospitalità. La Scrittura ce lo fa conoscere così: immagine dell'ospitalità; uomo di Dio che si identifica nell'ospitalità. Tre sconosciuti si affacciano alla sua tenda. Vengono da lui per annunciargli un fatto straordinario. Abramo, anche se non li conosce, non si manifesta disattento o infastidito. Li accoglie con premura, con gesti raffinati di apertura d'animo. L'ospite è sacro. Chiunque esso sia. "State qui", dice Abramo, "preparerò per voi tutto quello che vi rivela la mia gioia, la gioia che siate entrati nella mia tenda, la gioia di potervi ascoltare e servire". I tre personaggi sono messaggeri del Signore Dio. Abramo lo intuisce, ed esprime tutta la venerazione del cuore e dei gesti. Ed ecco l'annuncio inatteso e sorprendente: "Abramo da te e da tua moglie Sara, nella vostra vecchiaia, nascerà un figlio. Fra un anno toccherai con mano la veridicità di questa bella notizia che viene tutta dal Signore". Abramo va, colmo di gioia e di stupore, da sua moglie Sara per dirle: "Dio ci ha visitati e ci ha donato nella sua bontà questa grazia insperata".
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