Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma Egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro che il Figlio dell'uomo verrà consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà. Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro di che cosa discutessero per la strada. Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro che se uno vuole essere il primo, dovrà essere l'ultimo di tutti e il servitore di tutti. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro che chi accoglie uno solo di quei bambini nel suo nome, accoglie lui; e chi accoglie lui accoglie Colui che lo ha mandato. Il santo Battesimo ci ha inseriti nella morte del Signore, ci ha resi conformi al suo sacrificio. Questa è la radice della nostra esistenza cristiana, la sua sorgente profonda: il frutto deve essere l'umiltà e l'esistenza che ne sgorga deve essere un'esistenza donata nel servizio. È questo un punto centrale della vita cristiana. In essa, e dunque nella Chiesa, la logica delle "precedenze" è completamente rovesciata: il primo è colui che si fa il servo di tutti, come Gesù, il cui primato è stato posto dalla sua obbedienza ed immolazione sulla croce. La vera dignità è nella possibilità offerta all'uomo di imitare l'umiltà del Verbo Incarnato. La Scrittura offre una garanzia inequivocabile: proprio i derelitti e gli abbandonati sono i prediletti del Signore, che alla fine darà a ciascuno secondo i suoi meriti, esaltando i piccoli e gli ultimi semplicemente perché accettano il loro stato di umili sottomessi e deferenti, che li mette in condizioni di fedeltà perenne a lui. Solo gli umili e i semplici, e per ciò stesso gli onesti e gli irreprensibili dispongono di tutte quelle caratteristiche per essere graditi a Dio e di meritare la sua ricompensa nella vita presente e nella dimensione futura di eternità. Il giusto è condannato a soffrire le umiliazioni altrui in questa vita, è costretto a soccombere e a tacere di fronte alle difficoltà, ma qualora non perda la speranza, otterrà il premio proporzionato alle pene a cui è costretto.
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