"Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, perché è un mercenario e non gli importa delle pecore". Gesù è buon pastore, perché non ha paura di rimetterci. "Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore". La conoscenza di cui parla Gesù, è una conoscenza intima, profonda. Come il Padre e il figlio si conoscono, cosi lui conosce me, e desidera che anche io conosca lui. "E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore". Con questo discorso Gesù annuncia che desidera essere un pastore universale, non solo per Israele o i cristiani. "Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio". Ma quand'è che Gesù mi dà la sua vita e come? Con il perdono. Per riuscire a vederlo posso cominciare col ringraziarlo del dono della vita. Quando diciamo che Gesù prende su di se il peccato del mondo, vuol dire che si prende il male, anche il mio. Il Signore desidera avere un rapporto autentico con noi. Gesù è sempre pronto a risalire in croce, ogni volta che glielo chiedo. Sempre pronto a condividere il nostro malessere, come fece con i due ladroni in croce. Gesù è il buon pastore, capace di perdonarci e di aiutarci. Più prendo coscienza di quante volte l'ho fatto, più capisco quanto mi ama. Io sono contento di avere un pastore così.
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